Ai sensi dell’articolo 3, comma 48 – 1 e 2 della Legge sulla sicurezza approvata l’8 agosto del 2009 “nell’ipotesi in cui
ai sensi del presente codice, è disposta la sanzione amministrativa
accessoria del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di
guida e la violazione da cui discende è commessa da un conducente
munito di certificato di idoneità alla guida di cui all’articolo 116,
commi 1-bis e 1-ter, le sanzioni amministrative accessorie si applicano
al certificato di idoneità alla guida secondo le procedure degli
articoli 216, 218 e 219. In caso di circolazione durante il periodo di
applicazione delle sanzioni accessorie si applicano le sanzioni
amministrative di cui agli stessi articoli. Si applicano, altresì, le
disposizioni dell’articolo 126-bis. 2. Se il conducente è persona munita
di patente di guida, nell’ipotesi in cui, ai sensi del presente codice,
sono stabilite le sanzioni amministrative accessorie del ritiro, della
sospensione o della revoca della patente di guida, le stesse sanzioni
amministrative accessorie si applicano anche quando le violazioni sono
commesse alla guida di un veicolo per il quale non è richiesta la
patente di guida. In tali casi si applicano, altresì, le disposizioni
dell’articolo 126-bis».
La
ratio della norma, con riferimento all’utente ciclista, era quindi
molto chiara: il Legislatore estendeva così la punibilità con la
conseguente sottrazione dei punti se si era in possesso di una qualsiasi
patente di guida, anche a tutti quelli che guidavano una bicicletta o
magari un carro trainato da cavalli.
Questo
naturalmente ed inetivitabilmente andava a creare una palese ed evidente
disparità di trattamento tra i ciclisti di volta in volta sanzionati
perché era sanzionabile chi possedeva la patente di guida con la
decurtazione dei punti mentra lo era con la sola sanzione amministrativa
chi non ne era in possesso.
La sanzione
accessoria della decurtazione dei punti (oltre a quella amministrativa
comunque applicata) poteva altresì consistere anche in sospensione della
patente di guida a seconda dell’infrazione commessa alla guida del
velocipede (es. guida in stato di ebrezza).
Si
sono così susseguite vere e proprie battaglie di ricorsi nei vari gradi
di giudizio con ricorsi presentati dai ciclisti sanzionati che
adducevano anche motivi di incostituzionalità della norma con
riferimento alla legittimità costituzionale dell’art. 219 C.d.S. in
contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza), 24 (diritto alla difesa) e
97 (imparzialità della Pubblica Amministrazione).
Il Giudice di
Pace di Verona, cui un ciclista sanzionato si era rivolto per ottenerne
il riparatorio annullamento, sollevava pertanto questione di
legittimità costituzionale della norma suindacata e rimettava gli atti
alla Corte.
La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 201 del 6 luglio 2011, in punto di diritto “precisato
che «la decurtazione dei punti della patente e' una sanzione che
colpisce la persona», ritiene che la disposizione impugnata si ponga in
contrasto con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;
che, in particolare, l'art. 219-bis, comma 2, prevederebbe una «disparita' nell'applicazione» della sanzione amministrativa personale - (costituita dalla decurtazione dei punti) - «tra conducenti di veicoli per i quali non vi e' l'obbligatorieta' dell'abilitazione alla guida, come nel caso in esame tra ciclisti che, pur violando una stessa norma del C.d.S., vengono sanzionati in modo difforme a seconda che siano o meno titolari di documento di guida», dal momento che, a fronte di una medesima violazione, il possesso dell'abilitazione alla guida «non puo' comportare una diversa e piu' pesante sanzione rispetto a chi non l'ha ottenuta»;
che la norma violerebbe, altresi', l'art. 24 della Costituzione, sotto il profilo della tutela del diritto alla difesa, perche' non prevede «alcun ricorso avverso la automatica decurtazione dei punti»;
che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, per essere stata la norma impugnata abrogata dall'art. 43, comma 2, lett. b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale).
Considerato che il Giudice di pace di Verona dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 219-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - introdotto dall'art. 3, comma 48, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) - nella parte in cui prevede «l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie del ritiro, sospensione o revoca della patente di guida per chi commette violazioni» del codice della strada «conducendo un veicolo per cui la patente non e' richiesta» e nella parte in cui stabilisce «che trovano altresi' applicazione le disposizioni di cui all'art. 126-bis [del codice della strada], in materia di patente a punti», per violazione degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, la norma censurata e' stata abrogata dall'art. 43, comma 6, della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), con decorrenza dal 30 luglio 2010;
che, a prescindere dai molteplici profili di inammissibilita' della questione, per l'assoluta carenza di motivazione in punto di rilevanza e per l'omessa motivazione circa la asserita violazione dell'art. 97 Cost., occorre restituire gli atti al giudice rimettente, perche' operi una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione (ex plurimis ordinanze n. 145 e n. 38 del 2010)”.
che, in particolare, l'art. 219-bis, comma 2, prevederebbe una «disparita' nell'applicazione» della sanzione amministrativa personale - (costituita dalla decurtazione dei punti) - «tra conducenti di veicoli per i quali non vi e' l'obbligatorieta' dell'abilitazione alla guida, come nel caso in esame tra ciclisti che, pur violando una stessa norma del C.d.S., vengono sanzionati in modo difforme a seconda che siano o meno titolari di documento di guida», dal momento che, a fronte di una medesima violazione, il possesso dell'abilitazione alla guida «non puo' comportare una diversa e piu' pesante sanzione rispetto a chi non l'ha ottenuta»;
che la norma violerebbe, altresi', l'art. 24 della Costituzione, sotto il profilo della tutela del diritto alla difesa, perche' non prevede «alcun ricorso avverso la automatica decurtazione dei punti»;
che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, per essere stata la norma impugnata abrogata dall'art. 43, comma 2, lett. b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale).
Considerato che il Giudice di pace di Verona dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 219-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - introdotto dall'art. 3, comma 48, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) - nella parte in cui prevede «l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie del ritiro, sospensione o revoca della patente di guida per chi commette violazioni» del codice della strada «conducendo un veicolo per cui la patente non e' richiesta» e nella parte in cui stabilisce «che trovano altresi' applicazione le disposizioni di cui all'art. 126-bis [del codice della strada], in materia di patente a punti», per violazione degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, la norma censurata e' stata abrogata dall'art. 43, comma 6, della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), con decorrenza dal 30 luglio 2010;
che, a prescindere dai molteplici profili di inammissibilita' della questione, per l'assoluta carenza di motivazione in punto di rilevanza e per l'omessa motivazione circa la asserita violazione dell'art. 97 Cost., occorre restituire gli atti al giudice rimettente, perche' operi una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione (ex plurimis ordinanze n. 145 e n. 38 del 2010)”.
Pertanto
alla luce di quanto sopra permane in capo al ciclista, essendo il
conducente di un veicolo, l’obbligo di attenersi scrupolosamente alle
disposizione del Codice della strada; in caso di infrazioni commesse
alla guida del proprio velocipede allo stesso potrà essere inflitta la
sanzione pecuniaria prevista dalla norma ma non potrà essergli applicata la decurtazione dei punti della patente.